Nel tracciare, pur sommariamente, la storia della ricerca archeologica a Salve si può cominciare col dire che il nome stesso di questa città deriva secondo una leggenda, dal centurione romano Salvius, che nel 267 a.C. dopo la sconfitta dell’esercito Tarantino ad opera dei Romani (entrati nel golfo di Taranto in un giorno di festa, per rallentare la politica espansionistica dei tarantini) ebbe queste terre in premio.
I siti archeologici di recente ritrovamento, rivelano l’esistenza di abitati urbani nelle zone di Salve sin dall’età del bronzo antico. Il ritrovamento permette di ricostruire inediti aspetti del passato di queste zone: nella preistorica Grotta Montani sono stati rinvenuti oggetti risalenti a 60 mila anni fa.
Nell’età del Bronzo Antico, all’attività metallurgica si affiancava l’industria litica, e si sono dunque ritrovati oggetti come punte di frecce, elementi di falcetto, grattatoi, asce levigate, raschiatoi. Sono stati rinvenuti persino frammenti ossei residui di antiche sepolture trovate nell’area.
Il villaggio della “Chiusa” un sito di interesse sia archeologicoch e paesaggistico, scoperto da archeologi australiani, fu abitato dal 1440 a.C. al 470 a.C dai Messapi, gli abitanti della parte meridionale della Iapigia (Puglia) e la ricostruzione di ambienti ed eventi del passato permette di comprendere come questo popolo fosse fiero della propria civiltà e della propria potenza militare. Numerose restano le testimonianze quali vasi, ceramiche, elmi, piccole statue e tante iscrizioni.
Il villaggio di Spigolizzi, che è oggi un gioiello dal passato tormentato ma fulgido, risale al periodo del Bronzo Medio (XVI-XV sec. a.C.) e ha restituito pesi da telaio, vasi troncoconici, vasi biconici, piatti, coperchi, scodelle, tazze, oggetti per produrre olio e vino. Questi oggetti rappresentano situazioni della vita quotidiana quali asce grandi e con forte spessore per tagliare, ornamenti d’ambra per abbellire, ami grandi per i tonni, oggetti utilizzati sia a tavola che in cucina.
I ritrovamenti grazie a approfondite indagini archeologiche rimandano alla presenza di un grande e misterioso passato legato alla città di Cassandra ove la leggenda racconta si macinassero pepite d’oro. Con il corno e l’osso a quel tempo già si realizzavano zappette, punteruoli, montanti per morsi di cavallo, pettini decorati; i defunti, sepolti in posizione rannicchiata o supina, sono stati ritrovati con armi e oggetti di ornamento e spesso accompagnati da recipienti in ceramica.
In territorio di Salve ci fu un altro antico centro messapico chiamato Casale San Biagio in quanto nel XVI secolo sorse nelle vicinanze una cappella dedicata a “Santu Lasi”; oggi restano pochi ruderi come tombe, monete, frammenti d’anfore e parte di un bassorilievo con didascalia messapica (oggi nel Museo di Gallipoli)
Scarica da qui: La Guida archeologica Antica Messapia